mercoledì 6 maggio 2009

Il purodurismo, malattia maschile del sinistrismo

Alla comparsa di questo blog - e soltanto per aver aperto un blog, non per il suo contenuto - qualche amico ha reagito accusandomi di cedimento al "neo-esibizionismo".
La cosa non mi ha certo irritato, ma mi ha subito spinto a rendere pubblico il mio disprezzo delle posizioni di questo tipo, che sono forma di vita per i cosiddetti "puri e duri", figura eminentemente maschile e, purtroppo, collocata in prevalenza nell'area di quell'esile sinistra ancora degna di questa qualifica. Dunque, limitandoci a esaminare il caso specifico, che cosa esattamente difende chi condanna l'uso di un mezzo contemporaneo che non possiede la storia di mezzi passati, ma che offre in cambio una tanto maggiore agilità? Prima di tutto, almeno al livello più sano, la nobiltà di procedimenti di cui è implicita una sovresposizione della messa in opera rispetto al risultato, cosa che può dirsi di ogni azione rivoluzionaria storica. Anche Guy Debord, verso la metà degli anni Cinquanta, distribuiva gratuitamente il suo "Potlatch" attendendosi un riscontro nel pensiero della gente, e un riscontro che non poteva esattamente verificare. Oggi, però, questo modo di praticare il dissenso con la società rischia di annegare nell'icona, soffrendo di una scarsa realtà equivalente a quella della società che suscita il dissenso stesso. Oggi, per esempio, il mondo dell'anarchico che vive a contatto (quasi esclusivo) dei suoi consimili, è inevitabilmente un mondo settario, specializzato, che gira a vuoto. Da una parte, un mondo e uno stile omogenizzanti la parola, la scrittura, gli strumenti di diffusione impiegati etc.; dall'altra, un mondo inoffensivo per la sua autoghettizzazione. Altro che pensare ciascuno davvero con la propria testa e con il desiderio di diffondere il proprio pensiero "con ogni mezzo necessario"! Macché! Persino sull'anarchico grava la gratuità se una disciplina lo condiziona. E, a maggior ragione, se questa gli impedisce di interagire con la merda che ci troviamo intorno. Chi, avendo letto i testi che sono nel mio blog, ha disapprovato che fossero blog e non brochure militante mi ha suggerito la moralità e la specialità al posto della libera amoralità della convinzione individuale; mi ha indicato l'autonomia dell'atto di ripulirsi la coscienza (quale lo scrivere quei testi, consegnandoli a una diffusione per forza marginale) al posto dell'opportunità di inoltrare del pensiero diverso proprio nei circuiti della società che contestiamo. Ma questa opportunità, nuova, contemporanea, senza storia gloriosa e, per giunta, condivisa con gli attuali professionisti della sublimazione, è un'opportunità reale, un mezzo funzionante, consente di inquinare l'inquinamento, il che non mi sembra la stessa cosa che sfondare porticine spalancate. Certo, a compagni anarchici potrei comunicare il mio anarchismo adottrinale attraverso quella stampa off, ma si sa bene quanto non siano loro il problema. C'è giusto da incazzarsi perché a loro non si possono inviare mail o coordinate di blog, cioè per il puro-durismo che li rende inoffensivi, appunto. Mentre contro l'agire indefesso di chi non ha idee e fa come se ne avesse non ci si può permettere di essere inoffensivi, non si può opporre loro le vestigia di un sogno che non saprebbero riconoscere. Per questo, caro puro e duro dei miei coglioni, non mi convinci! Anzi, credo proprio che sei arrivato allo stesso capolinea dell'uomo dei palloni ferreriano, e non per colpa di un'epoca selvaggia che ti ha messo in minoranza, ma perché in minoranza ti sei messo da te, non accettando la dialettica che fa parte della stessa cultura che difendi. Perché ti chiudi di fronte a uno scenario, evidentemente, più problematico di quello vorresti sottointendere. Il tuo puro-durismo, l'ho già detto, ha una causa nobile, perché romantica e coscienziale. Ma come fai ad associarla alla fissità e alla rappresentazione? Del puro-durismo di chi si occupa solo di passato, di chi difende il vinile o porta al polso soltanto orologi automatici o fa cose simili non mi stupisco, ovviamente. E' fuga al maschile dalla realtà tout court. Ma il tuo, mon gauchiste, mi sembra contronatura quanto la donna di destra, il nero di destra, il sindacato di destra. A parte il fatto che la coerenza potrebbe essere davvero la virtù degli imbecilli (almeno quella che in un soggetto non si forma spontaneamente in funzione del suo desiderio), la tua coerenza, mon gauchiste, mi sembra ancora peggio: mi sembra spettacolo, qual è da sempre l'austerità dell'intellettuale. Siamo alla miseria di Franco Fortini che, traducendo Zazie nel métro, scriveva "blu cins", anziché "blue jeans", come per prendere le distanze da quel nefasto prodotto del consumismo stelle e strisce, o di qualche bottegoscurino che asseriva di non saper neppure pronunciare la parola "jazz", tanto che gli faceva torcere le budella quella musicaccia così desiderante. Ma intanto si è visto bene a che cosa tutto questo ha portato.